L’estate è il tempo per il riposo, è il momento per uscire dalla routine della vita quotidiana. E’ in questo periodo che ci si dedica alle passioni, al mare alla montagna o alla visita di città e monumenti. Per la maggior parte delle persone, le ferie sono vissute all’aria aperta, allo scopo di godere di quella natura che nel nostro paese è talmente varia da permettere qualsiasi tipo di approccio naturalistico. Spesso, dall’amore per la natura nascono altre passioni, legate più alla vita dell’uomo che non a quella animale o vegetale. Nel mio caso per esempio dall’amore per la montagna sono nate passioni alle quali non rilucerei mai. Passeggiando per gli alpeggi delle Dolomiti fin da piccolo, mi fermavo sempre e senza limiti di tempo alle malghe alpine e alla trasformazione del latte. Nasceva allora la curiosità verso quel lavoro dell’uomo che oggi mi emoziona. Ora, volendo entrare nel merito del formaggio d’alpeggio che è senza dubbio il più amato dagli intenditori ma anche dal consumatore, mi piace raccontare come si produce un formaggio P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) delle Dolomiti Bellunesi ed in particolare della zona del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi e dintorni, raccontare e descrivere. Frequentando spesso quei luoghi già prima che questo formaggio, che prende il nome di Malga Bellunese, diventasse P.A.T. avevo l’amicizia con un casaro del posto, Alfredo, che spesso ricordo per la sua professionalità, il quale produceva già da tempo questo formaggio. Il Malga Bellunese viene prodotto solo d’estate quando, effettuata la monticazione, le vacche pascolano libere. Gli alpeggi che variano all’incirca tra i 1700 e i 2000 metri s.l.m. sono spesso paludosi nelle aree più basse mentre alle quote superiori si presentano tipici delle alpi orientali con fioriture di genziane e altre varietà alpine. Le vacche sono di diverse razze, dalla Bruna alla Pezzata Rossa e in alcuni casi vi è anche la presenza di capre. Il latte che proviene dalla mungitura serale viene messo a riposo nei classici bidoni di rame, a volte stagnato, e posto nelle fontana dove, a causa della bassa temperatura dell’acqua corrente, durante la notte avviene l’affioramento del grasso (panna). Con la panna affiorata e raccolta il casaro farà il burro che commercialmente è richiestissimo tanto da dover essere prenotato. La mattina seguente all’alba il malgaro effettua la mungitura mattutina che verserà nel paiolo o nella caldera. Il latte crudo della mattina verrà miscelato con il latte sgrassato della sera precedente. Si ottiene una miscela di latte che si può definire semi grasso, anche se l’affioramento del grasso tramite riposo a freddo non è certo come lo “sgrossamento” che avviene a livello industriale. E’ comunque una miscela di latte crudo che verrà impiegata per la produzione di questo formaggio. In caldaia, il latte, che alcuni casari lasciano un’ora o due a riposo, viene riscaldato a 37-40°. Prima del raggiungimento della temperatura scelta, viene inoculato il lattoinnesto preparato dal casaro il giorni precedente. Si tratta di lattoinnesto termofilo, i fermenti lattici lavorano attorno ai 40°, che aiuta l’acidificazione del latte in caldaia. Raggiunta la temperatura di inizio coagulazione il casaro immette il caglio, liquido o in polvere. Dopo una agitazione per distribuire uniformemente il caglio nel latte, si pone a riposo la miscela. In circa 40 minuti è avvenuta la cagliata che si presenta sotto forma di un gel piuttosto solido, che all’appoggio del dorso della mano non lascia residui. Il taglio della cagliata avviene in due o tre tempi iniziando da pezzatura grossolana per poi procedere ad una pezzatura più piccola e per ultimo, con lo spino in acciaio o con un attrezzo rudimentale in legno, a forma di rastrello arcuato, con il movimento segue perfettamente il fondo arrotondato della caldaia, la cagliata viene ridotta alla dimensione di un chicco di riso. L’abilità del casaro stà proprio nello scegliere il momento idoneo per terminare la rottura alla dimensione voluta. La rottura è stata effettuata su riscaldamento della cagliata fino alla temperatura di 44-45°, a quel punto si continuerà con un’agitazione fuori fuoco che permetterà alla grana di spurgare, sineresi. Al termine dell’agitazione il casaro lascerà che la grana si depositi sul fondo della caldaia e la manterrà a riposo per una decina di minuti in modo che la grana stessa si aggreghi. L’estrazione avverrà con teli che saranno posti nelle fascere regolabili altre circa 8-10 cm. nelle quali il casaro procederà alla prima pressatura, manuale. Terminata la formatura il casaro presserà le forme con pesi. Il formaggio è fatto, dopo la salatura che avviene in salamoia, inizierà il periodo di maturazione di almeno 60 giorni nei locali della malga. Il risultato lo si potrà “assaggiare” già al termine del mese di luglio quando le prime forme saranno pronte. Naturalmente 60 giorni non sono molti per un formaggio a latte crudo, pasta semicotta che raggiunge anche i 6 mesi e oltre di stagionatura. In settembre, ottobre le prime forme, che per la maggioranza di loro non sono più in vita, si può assaggiare un prodotto meraviglioso. La crosta, tipica ammuffita di colore variabile tra il grigio ed il giallo è umida, morbida, sottile. La pasta, dalle occhiature fitte che non superano i due mm. È inizialmente biancastra e poi a maturazione avanzata diventa giallo paglierino. Abbastanza elastica e unta. A breve maturazione la pasta è piuttosto gommosa, stridente in bocca. A maturazione avanzata mantiene l’elasticità ma perde la gommosità e si accentua l’untuosità che appare anche in bocca. L’odore è lattico cotto, vegetale e poi con il tempo appare l’animale ma la sua caratteristiche particolare è l’ammoniacale, in misura che non disturba. Anche all’aroma si presenta con le stesse caratteristiche dell’odore con una minore influenza dell’ammoniacale che scompare nell’avanzare della maturazione lasciando prevalente l’aroma animale. E’ un formaggio particolare, diverso dai formaggi d’alpeggio di altre zone del Veneto e del trentino Alto Adige, sia nelle caratteristiche tattili che aromatiche. Un Formaggio da “coltivare” da segnalare e da presentare più spesso alle degustazioni.