Italia e made in Italy. Una nazione e i suo prodotti. Suoi perché provengono dalla terra, dal suolo, che per naturale nascita sono diversi in ogni luogo. Un’Italia separata solo dalla sua spina dorsale, gli Appennini, che si affacciano ad est sull’Adriatico e a ovest sul Tirreno. E poi la catena delle alte vette, le Alpi, che rappresentano il confine naturale della nazione con Francia, Svizzera e Austria. Insomma, un territorio che per essere raccontato bisognerebbe predisporre una lunghissima lista dei formaggi. Probabilmente, dopo questa affermazione si potrebbe pensare che sto dando ai numeri, ma così non è. Tutti gli italiani, da innumerevoli secoli, si nutrono dei prodotti della terra, verdura, frutta, animali e da sempre dei derivati da vegetali ed animali. Il vino e il miele per esempio ma anche e soprattutto il formaggio, alimento essenziale per la vita dell’uomo, come il latte suo unico “ingrediente”.
E qui viene il territorio.
Non c’è un momento della vita dell’uomo che non sia affiancata dalla storia di un formaggio che ne è protagonista, perché in ogni periodo vi è un formaggio che nasce, e che continua ad essere fatto. Di conseguenza la capacita, la conoscenza, l’abitudine, dei casari italiani, o precedentemente di chi in famiglia faceva il formaggio, consentiva e consente tutt’ora di trasformare il latte crudo. Nelle liste delle PAT (Produzioni Agro alimentari Tradizionali) sono elencati oltre 500 formaggi che sommati a quelli Dop, Igp, Stg compongono il capitale caseario della nostra Terra.
E il latte crudo diventa protagonista della storia di tutti questi formaggi che mantengono le caratteristiche del loro ingrediente originario consentendoci di gustare il patrimonio genetico degli animali dai quali proviene e di conseguenza l’autentica ricchezza dell’Italia dei formaggi.
Ma, come in tutte le belle cose, vi sono punti di passaggio che a volte vanno a scontrarsi con la reale situazione dei fatti, come per esempio la conoscenza del formaggio da parte del consumatore. E proprio per la scarsa conoscenza del derivato principale del latte il consumatore può essere depistato e perché no, sconvolto, dalla reale natura di un prodotto che in Italia è, come ho già scritto, la sua storia e la sua principale risorsa alimentare.
Il giorno 19 aprile scorso, nel tornare in auto da un fantastico luogo di alpeggio, ho, casualmente ascoltato una trasmissione radiofonica che non conoscevo, Il Rosso e il Nero, (non so se c’è qualche riferimento al noto romanzo di Stendhal) condotta da Francesco Storace e Vladimir Luxuria. Mi sono fermato sulle frequenze di Rai Radio1 dopo aver sentito le prime parole di Luxuria, “Vorrei cominciare con una frase di un grande Presidente, Sandro Pertini…..” . E così scopro questa trasmissione il cui tema, di quella giornata, era incentrato sul fumo e sul vino. “Mangiavi, ti strafogavi, bevevi e alla fine… una sigaretta”. Così inizia Storace per poi proseguire il discorso con esempi interessanti a dimostrare la pericolosità del fumo. I due conduttori continuano informando che in Belgio, la ormai nota dicitura stampata sulle confezioni di sigarette, “nuoce alla salute” è riportata anche sulle bottiglie di vino. I conduttori continuano con interessanti flash e si chiedono se alcuni divieti sono davvero indispensabili, come per esempio le norme che regolamentano la distanza che un fumatore deve tenere dal non fumatore, stabilite in alcune città italiane come Torino e Milano.
E’ ospite della trasmissione Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, al quale viene domandato; dobbiamo attenderci uno stop al diritto al buon vino con il divieto belga? Farinetti risponde con una lunga dissertazione sulla qualità della vita e sulla giustezza di preoccuparsi che certi cibi possono portare danno alla salute. E soprattutto, continua, qualora davvero necessario e per correttezza e giustizia rispetto al vino, bisognerebbe applicare la dicitura belga a tutti i prodotti che possono gravare alla salute. Non mi dilungo su ciò che Farinetti afferma successivamente, fino a un certo punto però, e qui cito le sue parole testuali.
“Un consumo eccessivo nuoce alla salute, e sia messo su tutti i prodotti di cui il consumo eccessivo “nuoce alla salute”.
Dopo di che il contesto dell’intervista continua sul vino, con qualche divagazione su alcuni prodotti che, se eccessivamente consumati, possono nuocere, vedi per esempio le patatine fritte. Ma ciò che mi preoccupa è il seguito dell’intervento che, sempre in relazione alla dicitura che in Belgio viene posta sulle etichette del vino, divaga anche sui formaggi con queste parole:
“… i belgi… devono scrivere sui loro meravigliosi formaggi a latte crudo, i belgi fanno dei formaggi straordinari a latte crudo, e è stupendo mangiare prodotti a latte crudo ma c’è grande rischio per la salute, e va scritto sopra”.
Forse Farinetti dimentica che la stragrande maggioranza dei quasi 600 formaggi italiani, che sono solo quelli censiti, è a latte crudo. E la sicurezza alimentare è estremamente tutelata. Certo esiste anche il caso che conferma la regola, è capitato anche di recente un grave problema salutistico ma è un caso che si ripete ogni tanti anni, (con ciò non voglio minimizzare il problema) ed è assoggettabile alla capacità di lavorare il latte crudo e non al latte crudo stesso, casistica che può essere applicata anche ad altri prodotti apparentemente innocui.
E sono davvero stupito che Farinetti dimentichi l’importanza dei prodotti nazionali a latte crudo, essendo egli stesso un sostenitore del made in Italy. Inoltre perché fare riferimento ai formaggi a latte crudo belgi? Quali sono? Forse Fromage de Herve fatto da due produttori e unica Dop e Presidio Slow Food. Si pensi che il Belgio da qualche anno sta tentando di organizzare la produzione a latte crudo in particolare nella Regione del Vallone coinvolgendo i produttori presenti nelle Fiandre.
Esprimere un concetto così allarmista non è stata una mossa opportuna, soprattutto in una trasmissione molto seguita dai radioascoltatori. Mi sorge una domanda, vogliamo davvero proteggere il vero made in Italy o è meglio assecondare la grande produzione industriale filo-europea da latte super pastorizzato?
E’ una scelta. Meglio non rischiare, questo è vero, ma il rischio del latte crudo in Italia è molto ma molto più basso, se non percentualmente inesistente, del rischio attribuito all’abuso di alcol e di fumo ma anche di quei prodotti contenenti ingredienti di pessima origine.
E’ una questione di cervello, ovvero capire che qualsiasi eccesso alimentare può provocare problemi alla salute, così come ingerire troppa acqua può provocare intossicazione. Formaggi a latte crudo o pastorizzato, vino, super alcolici o quant’altro, tutto deve essere un desiderio, e con un semplice assaggio gusteremo al meglio senza che qualcuno dalla radio o dalla televisione ci indichi la strada.
E per la vita noi dobbiamo essere liberi di scegliere, cercando di non sbagliare, anche in campo alimentare.
Ascolta l’intera trasmissione “Il Rosso e il Nero” del 19 aprile 2024
Michele sonoGiuseppe Giacometti Casaroda 48 anni ,è sono un vostro estimatore,ho ascoltato la trasmissione di Vladimir,ma non ho trovato le parole di Farinetti così fuori luogo,forse dovevano specificare sui formaggi fresci a latte crudo, Michele io vi stimo tanto ho fatto il casaro x 42 anni be posso dire che il latte crudo da tanti problemi come quelli che creano alle persone con momenti di salute non buone ,ma ripeto il formaggio fresco può dare problemi.
Grazie Giuseppe, la tua considerazione è opportuna ma, vedi, è proprio questa incertezza delle parole che crea confusione. Quando ci si inoltra in una discussione come quella della trasmissione radiofonica si deve essere molto precisi, perché l’ascoltatore non conosce i risvolti di ciò che si dice. Tu affermi che i problemi possono essere nel formaggio fresco, ma sei un addetto ai lavori e quindi conosci il tema, l’ascoltatore generalizza. C’è da dire anche che a livello statistico i problemi creati dal latte crudo e di conseguenza dal formaggio, sono quasi nulli, (non dico che non ci sono) neppure da paragonare con problematiche che possono insorgere da altri alimenti se non adeguatamente utilizzati, e quindi è verosimile che la produzione di tali formaggi deve assolutamente continuare con le dovute conoscenze e tecniche.
Sei forte Michele!!