Ricerca nel bellunese
Ho sempre ritenuto che la montagna e il formaggio conservino uno strettissimo legame, rappresentato da alcune caratteristiche morfologiche del territorio come lo sono i pascoli. Negli ultimi decenni, non molti per davvero, le montagne si sono ricoperte di foreste che hanno soffocato i paesi, i fondovalle e anche le alte montagne che un tempo erano luoghi dedicati al pascolo e allo sfalcio delle erbe polifite naturali.
Il territorio bellunese può benissimo essere preso come esempio.
Ma se è vero che i pascoli e i prati non sono più, o per lo meno non lo sono come una volta, d’importanza economica fondamentale, è vero che oggi esistono zone in cui gli allevatori possono compiere il loro lavoro sfruttando pascoli, prevalentemente in alta quota, per passare l’estate come si usa dire in monticazione nelle malghe.
La materia “malghe” mi è molto cara e devo dire rappresentativa per le mie esperienze proprio in alpeggio dove ho operato per fare il formaggio della tradizione e perché no anche di fantasia, al solo scopo di studiare le azioni tecnologiche che portano il meraviglioso latte d’alpeggio a diventare formaggio di altissima qualità.
Da alcuni anni nelle malghe sta accadendo qualcosa, si stanno abbandonando le tecniche dei formaggi della tradizione e a favore di formaggelle a pasta molle poco significative sia del punto di vista storico che organolettico.
Essendo le Dolomiti venete il cuore della mia attenzione negli anni precedenti ho iniziato a verificare, acquistando i prodotti, quanto vere erano le mie impressioni basate in primo luogo sui metodi di allevamento e di alimentazione delle bovine, ma soprattutto sulla tecnologia che viene utilizzata nei caseifici delle malghe.
Certo le visite effettuate non potevano essere esaustive , si doveva procedere in modo ben più professionale per capire. E così per poter giungere a una corretta rappresentazione di ciò che viene prodotto nelle malghe ho studiato, predisposto e attuato, un progetto che mirava alla ricerca del formaggio tradizionale nelle malghe del bellunese.
I formaggi d’alpeggio del bellunese, la cui tecnologia è davvero antica e viene tramandati da padre in figlio, ora iscritti alle liste dei PAT, produzioni agroalimentari tradizionali, sono il Malga bellunese e l’Agordino di malga. Il primo può essere prodotto in tutta la provincia mentre il secondo in parte, ovvero nei territori dell’Agordino che consta di 12 comuni.
Il progetto prevedeva, per raggiungere alle finalità di verificare se i formaggi tradizionali fossero ancora prodotti, la visita alle malghe e quindi l’approccio diretto con il malgaro e i suoi collaboratori.
Il viaggio stava per iniziare.
Le malghe del bellunese sono tante, 173, un numero che potrebbe sembrare enorme, ma si pensi che nei primi decenni del secolo scorso ma anche fino agli anni 60 gli allevatori facevano davvero conto economico sulla monticazione e che all’epoca esistevano micro allevamenti di pochissimi capi.
A oggi sono 47 le malghe attive dal punto di vista della trasformazione casearia, davvero poche.
E così, l’estate 2017 mi ha visto a volte in auto e a volte a piedi, viaggiare sulle strade e sui sentieri che conducono a malghe con la speranza di trovare formaggi tradizionali, quelli a cui l’uomo ha dedicato tanto lavoro e passione.
Giunto alle malghe il mio comportamento è stato quello di un qualunque visitatore che chiede di acquistare il formaggio.
Avevo però bisogno di conoscere alcuni aspetti, come il nome del formaggio caratterizzante la malga, se il latte utilizzato per farlo era quello dell’estate in corso e se lavorato intero o parzialmente scremato e naturalmente il tempo di maturazione.
Per ogni malga erano state predisposte, anticipatamente alla visita, schede monografiche di censimento delle informazioni soprattutto per poter giungere e archiviare i dati utili alla risultanza finale del progetto.
Delle 47 malghe nelle quali il latte viene trasformato in formaggio ne sono state visitate 33, corrispondente al 70% del totale, un campione molto rappresentativo e utile agli scopo progettuali.
Uno degli aspetti più significativi della ricerca è stato quello del riconoscimento del formaggi tradizionale da parte dei “malgari” ovvero solo 1 operatore ha dimostrato di conoscere l’esistenza del Malga bellunese e dell’Agordino di malga. Gli altri non identificano i loro formaggi nei prodotti PAT oggetto del progetto.
Già da questa informazione si evidenzia quanto difficile è per l’operatore in malga comprendere l’importanza del formaggio tradizionale.
Il viaggio era al termine, era giunto il momento delle conclusioni.
Numericamente parlando il 27% delle malghe visitate produce il Malga bellunese, ma se si considera che questo formaggio può essere prodotto in tutto il territorio della provincia, solo il 18,75% del totale malghe visitate si preoccupa di fare questo formaggio.
Per quanto riguarda l’Agordino di malga il 50% delle malghe visitate nel territorio di produzione produce tale formaggio. Nonostante il numero più limitato di malghe, l’Agordino vede ancora una discreta percentuale d’interesse alla produzione.
Considerazioni numeriche a parte, i due formaggi in oggetto risultano davvero rari, ma ciò che determina preoccupazione è che sempre più il malgaro si occupa di trasformare il latte per fare formaggi a pasta molle o semidura che non hanno nulla a che fare con quelli tradizionali.
Il progetto è stato pubblicato (integralmente su www.michelegrassi.net) e inviato alla provincia di Belluno, alla Regione Veneto, alla Strada dei Formaggi e dei sapori delle Dolomiti bellunesi e a altre realtà che si occupano di questa materia, come Slow Food. Le motivazioni di quanto sta accadendo sono da ricercare in alcuni fattori di natura culturale, molti operatori con conoscono i prodotti tradizionali, si sta perdendo l’uso del lattoinnesto e del sieroinnesto a favore di fermenti selezionati che spesso non hanno nulla a che fare con i formaggi di tipologia d’alpe, le attrezzature in dotazione a molte malghe sono più adatte per produrre formaggi a pasta molle che non formaggi storici e altre motivazioni puramente tecniche.
In brevissimo tempo, se si continua su questa strada, i formaggi d’alpeggio saranno diversi dal Malga bellunese e dall’Agordino di malga, che non esisteranno più, ciò a discapito delle qualità organolettiche di un prodotto, quello dell’alpeggio, che rappresenta un’eccellenza gastronomica.
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