In quest’ultimo mese ho avuto l’opportunità di visitare malghe nel cuore delle Dolomiti, malghe che hanno uno scopo, sopravvivere.

Sopravvivere non dal punto di vista economico, molte di loro sono in luoghi accessibilissimi anche alle automobili e quindi non hanno problemi legati alla vendita dei prodotti, ma dal punto di vista dell’identità, ovvero rimanere malghe, aziende che lavorano per allevare animali e trasformare il latte in esse prodotto.

Forse queste prime affermazioni lasciano un po’ il tempo che trovano perché pare ovvio che in una malga ci sia la possibilità di trovare i prodotti legati alla trasformazione casearia.

Ma di ovvio oggi non c’è più nulla. Proprio questa mattina avevo deciso di fare visita a una malga nell’ampezzano che conoscevo bene perché era un punto di riferimento, una realtà storica del territorio, che sfruttava i meravigliosi pascoli con vacche e vitelli.

Ma la sorpresa di ciò che ho trovato è stata un vero shock. La straordinaria malga trasformata in ristorante e B&B. Le vacche, anzi le manze, pascolano libere giorno e notte, la stalla è stata trasformata pure lei.

E sul tavolo all’ingresso erano presenti giornali come Vogue. Pazzesco!

Posso capire che l’agricoltura e l’allevamento oggigiorno non danno guadagni esorbitanti ma non posso capire le trasformazioni da azienda agricola pura in azienda della ristorazione. Tutto ciò in cui crediamo, e lo dimostrano i consumatori sempre più alla ricerca di prodotti gastronomici e aziendali tipici, sta andando sempre più alla deriva.

Purtroppo non è solo questa ultima mia visita a dimostrare che l’allevatore ha snaturato la vera filosofia della produzione aziendale ma, anche nel territorio di cui parlo, ben altre sono quelle aziende che hanno deciso di dedicarsi alla ristorazione pur rimanendo legate al contesto agricolo.

E qui si da ragione all’Europa, che se ne frega altamente dei prodotti tipici italiani, ma in questo caso ha ragione, basta anaizzare il nostro comportamento nei confronti del formaggio di malga.

Sempre più spesso il malgaro o l’allevatore non fanno più prodotti aziendali, nel caso delle malghe il formaggio, e offrono nel proprio “ristorante” prodotti che nulla hanno a che fare con ciò che l’azienda potrebbe produrre.

E si pensi che per fare “l’agriturismo” l’allevatore ha ottenuto sicuramente fondi dalla CE. Che pena!

E poi ci si lamenta del formaggio fatto con il latte in polvere. È molto peggio convivere con gente che decide di abbandonare i segreti tramandati da generazioni che ci hanno regalato formaggi tradizionali. È così che facciamo sorridere l’Europa che può affermare, “gli italiani non vogliono il latte in polvere ma abbandonano la trasformazione del vero latte”. Un’ulteriore vergogna, una vergogna che dovrebbe provare il malgaro “progressista”.

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