Prati fioriti per formaggi freschi o stagionati aromatizzati.

Capita spesso in questo periodo dell’anno d’inoltrarmi in montagne e colline dove i pastori stanno riprendendo la produzione del formaggio, in particolare ovino o caprino, che alla primavera è strettamente legata perché le lattifere producono molto latte, subito dopo il parto, in concomitanza della forte influenza della rinata vegetazione. Anche le vacche risentono del cambio di stagione e il loro latte acquisisce caratteristiche migliori. Gli animali che si nutrono di erba verde hanno la capacità di offrire al casaro un latte di estrema importanza per la trasformazione casearia, perché ricco di grasso buono, di vitamina A di caroteni e di proteine, naturalmente. Per merito delle proteine avviene infatti la fantastica trasformazione del latte in pasta caseosa, le loro caratteristiche permettono, tramite l’immissione nel latte del caglio, di trasformare una sostanza apparentemente liquida in una gelatinosa che in gergo tecnico viene definita cagliata. Si pensi che la cagliata, qualora il latte subisse variazioni di rilievo, magari determinate dalla stagione piovosa o dal sole o dalla diversa alimentazione degli animali, è sempre diversa e quindi sta al casaro decidere anche piccole variazioni di tecnica di trasformazione. Già da marzo le pecore le capre e le vacche possono alimentarsi liberamente con le fresche essenze appenniniche o alpine ma non ancora delle erbe aromatiche che ricopriranno nei mesi più caldi i pascoli alle altitudini maggiori, oltre i 1500 metri.

In alcuni territori appenninici, soprattutto del Centro Italia, fanno da guardiano ai prati, sui quali cresce un’erba bassa che si aggrappa anche alle rocce dal contenuto proteico di tutta rilevanza, le erbe odorose che genericamente definiamo speziate, come il timo serpillo che concede al latte aromi del tutto unici. O come in alcuni territori alpini, anche qui a quote superiori ai 1500 metri, dove avviene la crescita di erbe alte piene d’infiorescenze odorose fra le quali spesso il cuminum cyminum, detto volgarmente comino o carugo nel bellunese, capace anche, se macerato nella grappa, di stimolare la digestione e di appagare il gusto del buon bevitore.

Questa magnifica essenza che fiorisce in luglio, sarà pronta, con il suo seme asciugato dal sole anche per elaborare formaggi di tutto rispetto.

Nel frattempo, in attesa che sbocci l’estate, i formaggi vengono prodotti dai pastori con il solo intento di stagionarli a lungo, sfruttando le temperature primaverili, ne troppo fredde ne troppo calde che consentono, insieme all’umidità ancora piuttosto presente soprattutto nelle ore notturne, di conservare il prodotto derivato dal latte in modo ottimale per la sua maturazione lenta, capace di modificare la pasta in semidura o dura.

Sempre in questo periodo la carica batterica del latte crudo non sarà troppo elevata e ciò determinerà, prima al latte e poi nella pasta, quelle fermentazioni indispensabili per delineare le caratteristiche organolettiche del formaggio. Un connubio di fattori intrinsechi determinati dal periodo dell’anno più fruttuoso per fare trasformare il latte.

E come avviene da sempre il casaro aspetta, aspetta che anche il consumatore inizi a modificare il suo modo di alimentarsi con i latticini e passi dall’uso di formaggi di lunga stagionatura, formaggi a pasta dura molto saporiti e aromatici, a formaggi meno impegnativi, più freschi, più lattici. È il momento di cambiare sistema di caseificazione, è il momento di sfruttare le caratteristiche tipiche del latte che lasciano proprio affermare, questo formaggio ha il sapore del latte. Così il passo è breve, dal formaggio marzolino o primaverile che il casaro provvederà a stagionare, al formaggio fresco dalla profumata acidità che attende di essere gustato proprio dopo il cambio di stagione. Certo è che questi formaggi sono prodotti e consumati durante tutto l’anno ma il fresco vento primaverile e i primi caldi, invitano il consumatore a modificare il modello gastronomico famigliare e così l’acquisto muta verso i formaggi ad alto contenuto d’acqua. Pensiamo alla Casatella trevigiana Dop ad esempio che è il tipico formaggio veneto a pasta molle  che veniva fatto nelle case dei contadini solamente dalle donne di casa, soprattutto quando la stagione con le sue miti temperature permetteva una fermentazione naturale del latte.

Si pensi che un tempo la provincia di Treviso era zona di produzione di un importante formaggio a pasta molle, il Taleggio, ora Dop, il cui disciplinare di produzione non dimentica questa origine veneta ma ormai riconosciuto da tutti come lombardo-piemontese. E la stagione delle temperature miti lasciava il segno sempre per l’arte casearia, per i pecorini che dal latte di pianura venivano fatti anche durante l’ascesa alla montagna dove si lasciava e si lascia ancora che gli agnelli si cibino direttamente dalle lattifere.

Una serie di sensi unici gestiti dalla natura che ora sono diventati doppi sensi a causa della necessità di avere latte tutto l’anno e di sfruttare celle refrigeranti invece che ambienti naturali. Era proprio, e lo è ancora in ambiente pastorale, il sistema migliore per fare buoni formaggi, sfruttare la primavera magari per i pascoli più bassi e utilizzare le prime erbe aromatiche e il sole che le asciuga per fare, in seguito, cappature, ovvero ricoperture dei formaggi con le stesse erbe miscelate fra loro per dare aromi unici e croste edibili a formaggi anche a pasta molle.

Immaginiamoci un buon pecorino che, lasciato asciugare lentamente, venga ricoperto di timo, di rosmarino che nella prima primavera è verdeggiante e fiorito, di fresche foglie sminuzzate di alloro, di origano che appena sbocciano i primi fiori viene essiccato o del seme di comino, tenuto a bada in vasi di vetro per tutto l’inverno. Un’esplosione di aromi di gusti contrastanti come la dolcezza del pecorino stagionato e l’acidulo del formaggio appena fatto ma miscelato con i profumi della primavera che tendendo all’estate lascerà spazio ad aromi più intensi, a formaggi gialli, carichi di beta caroteni, di grassi insaturi di odori vegetali e animali, di sapori dolci unici.

Ma perché tutto ciò avvenga è necessario un grande rispetto della natura, è necessario che il pastore, l’allevatore e il casaro non facciano formaggio ma guidino semplicemente il latte a diventare il più buono dei prodotti dell’agroalimentare.

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