E’ sempre più presente sulle tavole degli italiani almeno un alimento che apparentemente stimola l’appetito e che determina, all’assaggio, un alto livello di sensazioni tattili. Tale alimento, o meglio tali alimenti, sono ormai l’oggetto principale delle ricette di blogger, chef, cuochi e preparazioni casearie.

L’aggettivo che contraddistingue un numero quasi infinito di questi preparati è, cremoso, ovvero dalla consistenza pastosa, molle, tenera.

La pastosità o cremosità è una caratteristica che deriva dalla consistenza della materia che la conserva, ricavata tramite una tecnica specifica applicata all’alimento che la produce.

Oggi si possono osservare blogger utilizzare tecniche di cremificazione praticamene in ogni piatto, preparazioni gastronomiche che solitamente appagano il solo senso della vista, e una volta riprodotte non appagano null’altro.

Video ricette di paste asciutte i cui blogger esaltano non tanto gli ingredienti o la tecnica, ma la crema che ne fuoriesce al momento del salto in padella. Paste asciutte cremificate a tal punto che maccheroni, spaghetti, bucatini, pare siano miscelati al Vinavil, e che confondono le idee su ciò che potranno essere le reali sensazioni organolettiche.

Si giunge poi all’eccesso utilizzando i micidiali mixer, mini pale rotanti affilatissime che, soprattutto se utilizzate in immersione, macinano, triturano, spappolano ogni tipo di alimento determinando la distruzione di proteine e grassi. Ma cremificano.

La micidiale mixerata, capace di accelerare i tempi di frantumazione degli alimenti e naturalmente la cremificazione magari di verdure miscelate al povero formaggio che diventano poltiglie impalpabili, da cospargere sul piatto di portata sulle quali poi appoggiare pezzetti di carne o di pesce o d’altro, allo scopo di ambire a una combinazione di alimenti che non può essere chiamata abbinamento.

Paste ripiene che una volta masticate rilasciano materia viscida, untuosa, che si squaglia sulla lingua e si diffonde nella bocca accecando ogni possibile sensazione positiva e determinando nausea gastronomica.

Certo è che la cremosità ha un pregio, se ricavata da buoni alimenti può appagare il senso del tatto, percepito con la parte interna della bocca, e del sapore, inteso come siamo abituati nel mondo del formaggio il dolce, salato, acido e amaro. Perché questo? Perché la cremosità, o pastosità è sinonimo di alto contenuto di acqua. Non può essere diversamente e l’acqua, assieme alle sostanze che definirei nobili, sia esse vegetali che di derivazione animale, come le proteine e i grassi, sono talmente piccole che vengono facilmente, tramite l’alimento conduttore l’acqua, assimilate dalla papille gustative predisposte al riconoscimento dei sapori.

Ma sono solo  sapori a determinare il gusto di un alimento? Certamente no. Non sono un sostenere accanito di ciò che fu, ma di ciò che è e che sarà, ma la nonna quando faceva i cappelletti non usava il mixer per il batù ma il coltellaccio o al massimo la mezza luna. Il gusto degli ingredienti che componevano il nobile ripieno era ed è pienamente preservato.

Vorrei però giungere a disquisire anche un aspetto importante di un alimento che sempre con più frequenza viene proposto dal casaro al suo cliente, al consumatore. Parlo naturalmente del formaggio, o nello specifico di quei formaggi che per vari motivi possono cremificare.

La cremificazione del formaggio è determinata da diversi fattori che convergono tutti nella materia prima intrinseca del formaggio stesso, la proteina, la caseina. La caseina ha la capacità di proteolizzare ovvero di maturare, di trasformarsi e, se aiutata da muffe, batteri e un alto contenuto di acqua, in breve tempo può rammollire la pasta del formaggio e farla cedere. E’ sempre più in voga anche nei piccoli caseifici tendere a utilizzare tecniche di produzione che portano a tali risultati, purtroppo non sempre entusiasmanti.

Non è facile ottenere buoni formaggi cremosi soprattutto nel caso vengano inoculati Penicilllium nel latte che avvantaggiano una proteolisi spinta, e spesso il risultato in tali formaggio è il sapore amaro determinato appunto da esagerata rapidità proteolitica favorita dalla quantità di acqua presente.

Un effetto enzimatico che può essere collegato all’uso di determinati fermenti (proteolitici) o agli enzimi presenti nel latte o nel caglio.

Non voglio assillarvi con nozioni tecniche, la mia considerazione è un’altra. Conviene accontentare il consumatore producendo formaggi carichi di acqua dalla eccessiva cremosità che, una volta messi in bocca, determinano un’adesività pazzesca che per essere eliminata bisogna fare sforzi linguali ed enorme dispendio di saliva?

Non ci si preoccupa che il consumatore prediliga sensazioni visive, come l’apparente deliquescenza di un formaggio colante? E se questo avviene davvero è corretto presentare tali formaggi che magari in bocca non sprigionano le migliori sensazioni organolettiche?

Quali sono gli stimoli che portano il casaro a produrre formaggi cremosi, pastosi, cedevoli? Forse il desiderio di provare nuove tecniche? O Forse di accontentare un consumatore sopraffatto dai media, dal web che vede tuti i giorni gli effetti gastronomici dello sfacelo degli alimenti? Sarebbe interessante capire questo nuova passione casearia.

Magari l’industria ha anch’essa una forte responsabilità su ciò che avviene nei piccoli caseifici.

L’assuefazione ai gusti delicati o meglio ai non gusti? O al contrario a odori e aromi eccessivamente elevati, fortemente animali, e spesso ammoniacali?

La ricerca del consumatore del prodotto fresco, quello più che insignificante dal punto di vista sensoriale ma non nel prezzo?

Formaggi ad alto contenuto di acqua, superiore a volte al 65%, che stimolano l’appetito al solo vederli e che non stimolano nulla una volta in bocca?

Diamo carattere ai nostri formaggi. Non abbiamo bisogno di creme casearie, di proteolisi spinte che spesso inducono il produttore a giustificare l’amaro presente, raccontandolo come “leggermente amarotico” , “é presente un delicato amaro”, “si distingue perché detiene un sapore lievemente amaro” o addirittura “l’amaro è la sua caratteristica principale”.

Non scadiamo in queste cretinate, l’amaro è amaro ed è sempre un difetto in questi formaggi.

Lasciamo che blogger, chef televisivi e del del web si appiccichino ai loro preparati collosi, e che la cremosità sia insita nelle creme dolci dalle quali ne deriva l’aggettivo.

Facciamoci un bel piatto di spaghetti saporiti magari saltati in padella e ben amalgamati nel loro condimento, anche con un lieve utilizzo di acqua di cottura se proprio vogliamo, nella consapevolezza che l’aggiunta di acqua abbassa il livello delle intensità di sapore, odore e aroma.

Limitiamoci a preservare il gusto che intendiamo dare alla nostra portata e soprattutto al nostro formaggio, se utilizzato in cucina.

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