Quando si dice latte, si deve intendere proprio latte, quello buono, quello che si munge dopo aver pensato attentamente come alimentare le lattifere. In questo caso, ovvero quello del Malga bellunese, le vacche.

Ho scritto molto di questo formaggio e anche del latte che, spesso, sulle Dolomiti, territorio di origine del “Malga”, è di qualità eccellente. Vorrei però specificare un caso decisamente particolare, il caso di un allevatore che oggi potremo considerare anomalo, strano dal quale però si dovrebbe prendere esempio. Si tratta di Fausto, allevatore in Zoldo che delle sue pochissime vacche ne ha fatto, così come ereditato, una ragione per vivere.

Le Pezzate rosse italiane e le Brune, razze che alleva, sono mantenute in stalla per il periodo in cui non è possibile salire in alpeggio, ma nel periodo giusto vengono lasciate libere di alimentarsi come meglio crdono. Sembra cosa strana ma le vacche si sono abituate al fatto che devono mangiare ciò che trovano e non ciò che le si dà. Infatti la loro giornata è caratterizzata da 12 ore di pascolo e 12 ore, quelle notturne, di stalla surante le quali, non mangiano nulla e neppure bevono, riposano. E’ durante il giorno che si abbuffano di erba, solo erba, che trovano negli spazi montani liberamente, senza costrizioni ne recinti e l’acqua è quella dei ruscelli o del torrente.

Immaginatevi il latte, è proprio quello vero. Il suo colore è avorio intenso e il suo odore è tipico del pascolo e dell’animale che lo ha prodotto. Da qui il Malga bellunese, un formaggio P.A.T. (Produzione Agroalimentare Tradizionale) che quest’estate ho fatto proprio con il late che vi ho descritto.

Il formaggio, dopo due mesi di stagionatura, si presenta con forme di medio piccole dimensioni ovvero di 3-3,5 kg. con crosta abbastanza morbida di colore paglierino carico tendente al rossiccio, sottile, con presenza di muffette a volte bianche. La pasta che evidentemente dimostra, dal colore paglierino intenso, il latte di provenienza, è abbastanza morbida ed elastica, untuosa, la cui caratteristica, nel caso in questione è quella dell’assenza quasi totale di occhiatura. Il formaggio è stato fatto con l’inoculo di lattoinnesto, quindi acidificato in modo naturale e naturalmente auotoctono, ma le fermentazioni sono avvenute con batteri omolattici, ovvero quei batteri che non producono gas.

Proprio questa particolarità ha permesso al formaggio di assumere caratteristiche particolarmente interessanti dal punto di vista sensoriale. L’odore della pasta e l’aroma sono molto intensi e immediatamente, sia al naso che in bocca, emerge l’animale, poi il lattico di burro cotto, e un’aroma intenso di erbe, di pascolo. La pasta leggermente adesiva si lascia sciogliere facilmente e la sua grassezza, untuosità, provvede a donare un sapore dolce al formaggio.

Un formaggio vero, un formaggio che oggi forse può non essere capito dal consumatore perchè l’aroma di stalla, di letame ne caratterizza fortemente la sua provenienza, così come il colore, pare sia stato aggiunto zafferano. Sono i formaggi come questo, che dovrebbero non solo appassionare il consumatore e l’esperto, a rendere sana l’alimentazione. Un carico di omega 3 e omega 6 dal formaggio? Si, i formaggi d’alpeggio, dove l’alimentazione delle vacche o capre o pecore, è naturale e non forzata dall’uso di mangimi o cererali spesso OGM, sono carichi di quelle sostanze che fanno bene, che ci permettono di considerare il formaggio un alimento non solo completo ma adatto a tutte le età, che fa bene e che ci da tanta soddisfazione.

Torniamo al gusto di una volta, abbandoniamo i formaggi il gui gusto è piatto, insignificante, squallido, andiamo invece alla ricerca di formaggil come questo Malga bellunese, che potremo apprezzare in agni occasione, magari in contemplazione con un bicchiere di buon rosso.

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